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Diary from Kosovo

Aggiornamento: 15 gen 2024

Kosovo, Rahovec 2015


Ero ormai da diverso tempo in Kosovo.

Quel villaggio era diventata la mia casa. Mi alzavo ogni mattina per andare dai bambini ad insegnare.

Corteggiavo le scuole della parte alta del villaggio per poter insegnare anche lì, tra i bambini emarginati.

Un giorno qualunque di primavera mi svegliai con la voglia matta di far qualcosa con i miei bambini albanesi per altri bambini.

Spesso mi dividevo tra le due zone del villaggio, quella bassa, frequentata dagli albanesi e quella alta, popolata da serbi e rom.

Quella dei rom è una comunità povera, emarginata dalla società.

Quella mattina comprai cartoncini colorati, colla e nastrini e mi misi a creare fiori.

Mi svegliai con l’entusiasmo a mille e quando il centro, in cui lavoravo, aprì, cominciai a fare lezione sui diritti dei bambini, sul rispetto, sull’uguaglianza.

Nessun evento straordinario, nessuna ricorrenza da calendario.

Doveva essere fatto e basta.

Con i miei bimbi creammo dei fiori di carta, fiori coloratissimi che acquisirono un valore inestimabile.

Li coltivammo con il nostro tempo , li annaffiammo con amore, e li facemmo crescere creandoli con le nostre mani.

Un gruppo di bambini e Miss Ale con fiori preziosi in mano, per donarli ad altri bambini.

Salimmo nella parte alta del villaggio e distribuimmo fiori a tutti i bambini che incontravamo per strada.

Io non saprei direi a parole quanto fu bello, emozionante ed intenso.

Non solo per me, ma per loro, per tutti.

Le mamme rom si affacciavano dalle finestre, uscirono dai cancelli delle loro case, si fermarono per strada con il saluto più bello: IL SORRISO.








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