Sono la maestra, quella un po' fuori dalle righe, quella che si diverte a indossare gonne colorate e che ama parlare di tematiche che, magari, in molti considerano un po' "antiche", quella che porta con sè storie di mondi lontani.
Eppure, nella mia piccola e rustica aula, la mia passione per i bambini e per quello che insegno è più viva che mai. Mi piace pensare che ogni bambino che attraversa la mia porta non è solo un piccolo allievo da "formare", ma un essere unico con cui stringere un legame, un legame che diventa il motore della loro curiosità e del loro amore per la materia.
In molti, oggi, parlano di apprendimento come di un processo puramente cognitivo, scientifico, quasi da laboratorio, ma io sono convinta che ci sia qualcosa di più profondo: l'amore. Un amore che non è solo affetto, ma anche una passione autentica per ciò che facciamo. La verità è che i bambini non imparano solo ciò che noi, insegnanti, raccontiamo loro. Imparano soprattutto perché lo facciamo, come lo facciamo e, soprattutto, quanta passione mettiamo nel farlo. Un bambino che vede negli occhi dell’insegnante un fuoco che brucia per la sua materia, si accende anche lui. E quel fuoco diventa contagioso.
Non è certo il metodo tradizionale e rigido a fare la differenza. No, non è il rigore a plasmare un amore per le materie. Io ho sempre pensato che il cuore di un insegnamento efficace stia nel legame umano che si riesce a costruire. L’amore per quello che faccio si trasmette con le storie, con le emozioni, con l’entusiasmo che metto nel raccontare qualcosa. Non è tanto la grammatica o la matematica a fare la differenza: è la passione con cui parlo della grammatica e della matematica. Quando un bambino mi vede entusiasta per una scoperta, quella scoperta diventa sua. Non serve insegnare a memoria qualcosa che non viene sentito. Il vero apprendimento nasce dal legame, dalla comprensione, dal sorriso.
Macedonia, Refugee camp
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