Se dicessi che ho chiuso gli occhi, respirato profondamente e che mi sono sentita bene dal primo millesimo di secondo è come se facessi un torto agli altri luoghi. Questa però è la sensazione che ho provato appena sono arrivata ad Hoi An, mi è piaciuta dal primo istante e tanto anche, sarei bugiarda se facessi finta che così non è stato.
Anche tutto ciò che c'è stato prima è stato bello, i villaggi rurali, i paesini di campagna, ma i posti in cui vado ad insegnare sono spogli, semplici, minimali. Non hanno fiumi con ristoranti, botteghe e locali dove ammirare il tramonto ma, allo stesso tempo, sono ricchi di persone, di umanità, di affetto, di umiltà, di gioia.
E' una bellezza diversa.
Questa città dal momento in cui ho messo piede mi ha dato respiro, mi ha fatto sentire bene. Mi è bastato sedermi lungo il fiume, vedere scivolare le barche illuminate dalle lanterne di mille colori per rilassare i muscoli del mio corpo, sentirmi leggera, svuotare la mente. E' stato come ricevere una carezza.
La mattina la sveglia suonava alle cinque, uscivo per vedere sorgere il sole, percorrevo le strade quando il caldo torrido era meno forte, quando la città ancora stropicciava gli occhi dal sonno, quando c’era pace, silenzio.
Era il mio momento preferito; perdermi nelle stradine con quella luce della mattina che incanterebbe qualsiasi posto, in cui riesco e vedere con calma i dettagli delle porte, dei templi, in cui l’odore di incenso non viene disturbato da quello del cibo.
Camminavo a piedi, con il naso all’insù per ammirare le lanterne colorate nelle stradine, lungo il fiume, per vedere il riflesso del sole e il vapore umido a filo d’acqua.
Durante la passeggiata salutavo le signore anziane che spazzano per strada, quelle con il cappello a punta che portavano il carrettino pieno di cose da mangiare mentre ancora i cani dormivano sdraiati sul ciglio della strada.
E’ una città da film, bella nei colori, nei ricami, piena di lanterne che prendono vita la sera, quelle luci che si riflettono lungo il fiume.
Come una fiaba, man mano che il giorno faceva il suo corso e arrivava la sera, d'improvviso, si accendeva l’incanto.
Dopo un paio d'ore dal mio risveglio, quando Hoi An cominciava a svegliarsi, io cercavo un posto per bere del caffè, il coconut coffee era quello che preferivo e aspettavo di vedere la città prender vita.
Passeggiavo fra il mercato, osservavo le persone in bici, le donne per strada a sventolare ventagli, sbirciavo nelle botteghe, ammiravo l’arte del creare con le mani, con i pennelli.
Una mattina ho chiacchierato a lungo con una signora anziana che aveva una piccola galleria d’arte dentro casa, mi sono seduta su uno sgabello di plastica rosso, davanti ad un altarino ornato da foto di famiglia, incensi e portafortuna. Ho preso un dipinto in carta di riso per appenderlo alla parete della mia casa dove ho pezzi di ricordi, memorie di incontri e viaggi in giro per il mondo, presi in botteghe impolverate e sperdute. Non sono una materialista ma adoro viaggiare nei ricordi, è un modo per mantenere vivo quel posto, quel momento, quell'incontro.
Ho creato un capo in una piccola bottega di ricami, ho scelto la stoffa, ho realizzato un disegno con la ricamatrice, ho dipinto a mano una lanterna in tessuto, insieme ad una ragazzina dagli occhi sorridenti e dalla gentilezza dei modi.
Ho tolto le scarpe e sono entrata a piedi nudi nei templi, calpestando maioliche colorate, fotografando angoli preziosi di ceramiche decorate con motivi orientali.
Rosso fuoco, scritte cinesi, disegni di draghi, pareti blu e offerte di cibo alle divinità.
Qui c’è fascino, i templi hanno una forte influenza dal taoismo cinese e entrarci dentro è come rivivere un’altra epoca.
Hoi An mi ha dato energia buona, mi ha coccolato e mi è dispiaciuto tanto lasciarla. Ho incontrato dei ragazzi italiani con i quali ho condiviso una gita fuori porta, ho salutato due ragazze filippine con cui facevo colazione la mattina, ho promesso a Lee, il proprietario della mia guesthouse, che sarei ritornata, e lui, a sua volta, mi ha detto che mi avrebbe ancora preparato il pancake alla banana con la scritta “ Lovely”.
Ho percorso tanta strada fino ad ora e non me ne sono resa conto. Ho incontrato tanta gente, ho abbracciato tante persone, ho chiacchierato, ho scritto, ho scattato fotografie, a volte ho sentito nostalgia di casa, ma sono andata avanti.
Mi sono sentita parte di qualcosa di bello, fiera di portare a termine ciò che tanto ho desiderato, nonostante la paura, nonostante la fatica.
A volte devo ricordarmi dove sono e quello che sto facendo, devo vederlo da una prospettiva differente per rendermene conto, e quando avviene, che sia in una strada impolverata nel mondo o nella stanza della mia casa, si riaccende la voglia matta di continuare, di andare ancora, di vedere ancora, di scoprire ancora, di camminare ancora, di imparare ancora, di osservare ancora, di sorridere agli sconosciuti ancora, di leggere ancora, di raccontare ancora, di vivere ancora.
Continuo a passeggiare fra la gente, ad osservare visi ed espressioni, salgo sui tetti a salutare il sole, respiro l'aria della sera, mentre tutto si riaccende.
Tutto questo è vivere un'insieme di mondi, è restare multilingue; leggere i linguaggi dei sogni, della passione e della poesia.
La sera non facevo molto tardi, aspettavo che il sole andasse a dormire e restavo ancora un pò per respirare l'atmosfera delle luci delle lanterne.
Tornavo a casa a piedi costeggiando il fiume, rientravo in stanza portando con me storie, parole, canzoni, segni e simboli.
Ho ancora sui vestiti l'odore delle strade di questa città, ho negli occhi la luce del tramonto, ho nelle mani i tessuti, i ricami e le strette di mano. Sono contenta, e quando siamo contenti di ciò che vediamo e facciamo siamo come una notte stellata, fissiamo il mondo con migliaia di occhi.
Uso il cuore per cantare la vita, assisto al mescolarsi di corpo e anima e custodisco gelosamente queste memorie, questa bellezza, questa magia.
Miss Ale
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